Salsa di soia e celiachia

La salsa di soia è un modo nutriente di insaporire i cibi, e in tantissimi ne facciamo uso anche nella cucina tradizionale o quotidiana e non solo quando cuciniamo "all'orientale". I due tipi di salsa di soia più conosciuti sono senz'altro lo shoyu e il tamari. La prima differenza che salta al palato è la delicatezza dello shoyu rispetto al tamari, che è invece un condimento più robusto e dal sapore più marcato. 

Entrambe le salse sono molto ricche di minerali, vitamine, fermenti che aiutano l'intestino (entrambe sono derivate dalla fermentazione della soia gialla) e non ultime molte proteine vegetali, particolarmente importanti per chi ha scelto un'alimentazione vegetariana o, a maggior ragione, vegana.
Fondamentale è anche la quantità di antiossidanti presente in questi condimenti: ben 10 volte maggiore rispetto alla percentuale contenuta nel vino rosso.
Ma allora, perché i celiaci devono stare attenti a quale tipo di salsa di soia scegliere? 
Perché lo shoyu, contrariamente al tamari, contiene glutine di frumento ovvero grano tostato, che viene aggiunto durante la lavorazione della salsa alla farina ottenuta dalla soia cotta al vapore.
Attenzione quindi agli amici celiaci; meglio insaporire i vostri cibi con il tamari, e soprattutto chiedere i prodotti utilizzati nei ristoranti che servono piatti conditi o lavorati con la salsa di soia.
Un consiglio per tutti? Controllate la lista degli ingredienti e il metodo di lavorazione. La salsa di soia deve essere prodotta con metodi naturali e quindi con una lunga fermentazione, cercate di evitare quelle che si trovano al supermercato che quasi sicuramente non rispettano i diktat originale della produzione e che vengono prodotte industrialmente e a volte nemmeno fermentate (e con tanto di aggiunta di caramello per ottenere un colore simile!).

Foto "Salsa di soia in un supermercato giapponese"di Kanesue (Opera propria) [Public domain], attraverso Wikimedia Commons